top of page

Materiale informativo per i Colleghi

  • Andrea Vannozzi
  • 2 gen 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

La Medicina Ambientale Clinica è una nuova Specializzazione?

A mio parere la medicina Ambientale Clinica non è e non potrà mai essere una branca specialistica e cerco di spiegarne i motivi.

La Medicina è la scienza della complessità, cioè una scienza, anche se molti colleghi ritengono sia meglio definire “un’arte basata su dati scientifici”, che deve tener conto di un insieme molto vasto di dati, sia collegati all’individuo, con tutte le sue variabili di genere, età e genetiche, sia collegati all’ambiente nella sua accezione più vasta possibile, cioè virus, batteri, parassiti, agenti fisici, chimici e biologici, ma anche ritmi di vita e lavoro, urbanistica delle città e cultura ed alimentazione delle genti. Per poter diventare operativo, fin dai tempi dello studio all’Università, ciascuno di noi cerca di schematizzare la complessità in modo da ridurre le variabili e potersi avvicinare alla diagnosi statisticamente più probabile, una sorta di algoritmo mentale continuo automatico , eventualmente da confermare con gli opportuni esami chimici o strumentali. Nonostante ciò l’impresa di schematizzazione è così difficile che col tempo ha portato alla nascita delle specializzazioni cliniche. Oggi le specializzazioni si sono moltiplicate in tal misura che lo Specialista di oggi sa tutto, ma di una porzione sempre più piccola della Medicina.

Dato che il punto Cardinale della cura è l’allontanamento delle cause di malattia dall’individuo, la Medicina Ambientale Clinica percorre invece un cammino inverso: anche dove lo specialista ha fatto una diagnosi clinica, riparte dalla conoscenza più approfondita possibile dell’individuo, basandosi sempre sugli ultimi aggiornamenti, anche di immunologia e biologia, per spaziare sulle conoscenze acquisite dei danni da inquinamento, soprattutto verso quegli agenti chimici e fisici dei quali sono già accertati sia il potenziale danno che i meccanismi patogenetici. Ma non solo, a differenza della tossicologia, che potrebbe per certi versi essere considerata analoga, si occupa anche di quegli individui la cui sensibilità ad agenti chimici, fisici e biologici ( che ai dosaggi abituali non creano problemi alla gente) è ridotta fino al punto da generare patologie delle quali la medicina stenta ad occuparsi, perché non riesce ad inquadrare e schematizzare e non sa come dimostrare con accertamenti chimici e strumentali, impossibili nei comuni laboratori (fibromialgia , sensibilizzazione chimica multipla , sensibilità alle radiazioni elettromagnetiche, sindrome della stanchezza cronica, sindrome dell’edificio malato).

Il medico che si occupa di Medicina Ambientale Clinica cerca proprio nella complessità la causa e la soluzione dei problemi clinici rifuggendo dalla facile diagnosi di malattia psicosomatica o di malattia dovuta all’ambiente , ma “ tanto non si può sapere da cosa e comunque non si sa cosa fare”.

Le caratteristiche peculiari del medico di medicina ambientale sono dunque: la conoscenza più approfondita dell’ambiente e delle reazioni individuali all’ambiente, la ricerca continua di laboratori con capacità diagnostiche particolari, la consapevolezza del superamento del dualismo “una causa- una malattia” che pure ha dato grandi soddisfazioni alla medicina del ‘900, la ricerca del complesso di cause e concause alla base delle patologie emergenti. In fondo resta un Medico di Medicina Generale nel vero senso della parola, che si avvale anche delle conoscenze degli specialisti, senza fermarsi alla diagnosi clinica per ricercare sempre quella eziologica, con una particolare attenzione a quei meccanismi di autodifesa dell’individuo che potrebbero essere comunque aiutati dove non è possibile fare altro .



 
 
 

Comentarios


bottom of page